Gaia: un modo diverso di comunicare | Sport for All

Non esistono disabilità ma tanti bambini con abilità differenti.

Mi chiamo Gaia, ho 23 anni e sono una studentessa del Corso di Laurea in Educazione Professionale all’Università degli Studi di Milano. Ho iniziato a frequentare PlayMore! grazie ai due bimbi di cui sono la babysitter, i quali frequentano il centro sportivo da anni; a maggio del 2020 ho preso parte al progetto RunChallenge e, grazie ai racconti dei ragazzi, degli educatori e dei volontari, ho potuto conoscere i diversi progetti sociali avviati dall’organizzazione. I corsi Sport for All, promossi da Fondazione Milan, sono corsi integrati, ossia sono corsi aperti a tutti, in particolare a persone con disabilità intellettiva, relazionale o fisica. I ragazzi svolgono attività individuali, a coppie o di gruppo con l’obiettivo di promuovere l’attività sportiva praticata a gruppi misti, da sportivi con e senza disabilità, al fine di favorire l’integrazione sociale.

Quando sono stata contattata dal responsabile del progetto ho provato una serie di emozioni contrastanti: da una parte ero felicissima di entrare nello straordinario mondo dei corsi Sport for All ma dall’altra ero molto spaventata da quello che avrebbe potuto richiedermi; pensavo di non essere all’altezza del ruolo o non avere le competenze adeguate. Sono riuscita a mettere da parte le preoccupazioni e ho intrapreso questo nuovo cammino. Sì, perché si tratta decisamente di un cammino in cui, se si è disponibili, si ha la possibilità di incontrare degli amici e venire in contatto con diverse idee, pensieri e metodologie di lavoro che, non solo possono arricchire il proprio bagaglio di conoscenze, ma possono mostrarti il mondo da una prospettiva differente.

Nonostante frequentassi il centro sportivo da parecchi mesi, non avevo mai avuto occasione di assistere al corso di MultiSport di Sport for All e devo ammettere che la prima volta è stata un’esperienza davvero unica. Erano le 17:00 di un venerdì di settembre e mi era stato chiesto di osservare la lezione l’attività e il metodo di lavoro degli istruttori del corso; fin dall’inizio, però, è stata un’osservazione partecipante, grazie alla quale ho potuto prendere parte al gruppo e iniziare a conoscere ragazzi e i colleghi. Non avevo mai avuto esperienze di lavoro con persone con disabilità fisica e intellettiva, specialmente con bambini con disturbi pervasivi dello sviluppo e, come ogni prima volta, ho dovuto imparare tutto, partendo dal principio.

Se a un bambino di otto anni viene detto “salta nel cerchio”, è molto probabile che esegua il comando senza troppe difficoltà; per i nostri ragazzi, invece, non è così semplice. Oltre alla comunicazione verbale, che deve essere coinvolgente ma anche molto semplice, va mostrato loro l’esercizio e vanno guidati nello svolgimento dell’attività. Come per la maggior parte dei bambini, infatti, è più semplice copiare un gesto piuttosto che eseguirlo sulla base dell’interpretazione delle parole. Inoltre, la bellezza di un gruppo è che è estremamente stimolante: ognuno è spronato dal compagno che ha accanto o dall’amico senza disabilità che lo trascina a fare l’attività. Ciò che è la comunicazione ordinaria deve trasformarsi: le frasi devono essere ricche di entusiasmo e similitudini, poco articolate e facilmente comprensibili. Non è facile poiché, essendo dei professionisti e relazionandoci per la maggior parte del tempo con adulti o giovani senza disabilità, in quelle due ore alla settimana dobbiamo tornare bambini e parlare il loro linguaggio se vogliamo avere la loro attenzione. Forse è questa la chiave per riuscire a far bene il nostro lavoro: catturare il loro interesse e instaurare una relazione di fiducia.

In questi mesi di lavoro nei corsi Sport for All ho capito che non esistono dis-abilità (senza abilità), ma tanti bambini con abilità differenti che, se messe a disposizione del gruppo, generano un patrimonio immenso di esperienze, conoscenze e competenze.

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